La Mindfulness
Tre minuti nel presente
Avete mai visto un chicco d’uva passa?
Visto veramente, si intende; visto nella sua totalità.
Se qualcuno vi chiedesse di prestarci attenzione per ben tre minuti, tre infiniti minuti, cosa fareste?
Tre minuti per la mente sono un tempo amplissimo, un tempo che le permette di viaggiare in talmente tanti luoghi da non ricordarsi, alla fine, nemmeno quanti ne ha visitati.
Tre lunghi minuti concentrati in qualcosa di così minuscolo, un chicco d’uva:
«In primo luogo guardiamo attentamente il chicco di uvetta, lo osserviamo come se non avessimo mai visto una cosa simile in vita nostra. Con i polpastrelli ne palpiamo la consistenza, mentre notiamo le sfumature
di colore e la forma delle superfici. Facciamo attenzione ai pensieri che si presentano riguardo all’uva passa o al cibo in generale. Se, mentre guardiamo il chicco d’uvetta, proviamo sensazioni di attrazione o repulsione, se ci piace o non ci piace, notiamo anche questo.
Poi lo annusiamo per un po’. Infine, consapevolmente, lo portiamo alle labbra, osservando il movimento del braccio e della mano e la salivazione che comincia a prodursi quando il corpo e la mente sono in attesa di ricevere cibo. Continuiamo a fare attenzione mentre lo mettiamo in bocca e lo mastichiamo lentamente, assaporando il gusto di un singolo chicco di uva passa.
E, quando siamo pronti a deglutire, osserviamo l’impulso di deglutire mentre va crescendo,
in modo da vivere anche questa fase consapevolmente.
Alla fine proviamo a immaginare o “sentire” il nostro corpo di un chicco di uvetta più pesante».
(J. Kabat-Zinn, “Vivere momento per momento”, pag. 29)
Perchè?
A che cosa serve questa idea apparentemente eccentrica?
Siamo in un’epoca di meditazioni che vanno di moda, di mode di meditazione, di filosofie più o meno New Age, che promettono l’equilibrio interiore come fosse un frutto da cogliere con facilità da un albero.
E noi invece no! Il frutto non lo cogliamo, ma lo osserviamo per tre pazienti minuti, in un’attività che è in teoria talmente semplice che alla fine diviene una vera impresa
Questo esercizio sull’uva passa è l’esplorazione di uno stato mentale che si chiama mindfulness (“mindful” è traducibile dall’inglese come “consapevole”), le cui origini si radicano nell’Oriente, soprattutto nel Buddismo, ma che è molto attuale nella sua applicazione.
La mindfulness ha il “potere” di far realizzare, a ciascuno di noi, qualcosa che abbiamo scordato: l’esserci, davvero. Essere veramente qui, adesso, ed essere consapevoli di questa nostra presenza come mai si è fatto prima, come mai si è osservato un chicco d’uva.
Il respiro su cui riposare
Il medico statunitense Jon Kabat-Zinn, che studia e promuove la Mindfulness dalla fine degli anni ’70, e che ha fondato la Stress Reduction Clinic e il Center for Mindfulness in Medicine, Health Care and Society alla University of Massachusetts Medical School, ci dice:
«Una definizione operativa della mindfulness è: la consapevolezza che emerge se prestiamo attenzione
in modo intenzionale, nel momento presente e in modo non giudicante, al dispiegarsi dell’esperienza momento per momento».
(Daniel J. Siegel, “Mindfulness e cervello”, pag. 17)
Ora… che ci sia bisogno di particolare insegnamento per stare nell’unico momento che possiamo veramente avere, l’adesso, pare cosa superflua; ma tentate per un secondo, e scoprirete quante volte il pensiero per sua stessa natura si sposta altrove, di continuo, senza trovare un oggetto su cui appoggiarsi e riposare.
È talmente inarrestabile che finiamo noi per scordarci di dove siamo e cosa stiamo facendo; e non è solo la natura del pensiero, ma la natura stessa della nostra epoca.
E lo Psicologo sa bene quanto incessantemente ci si muova, nel ricordo del passato e come ci si proietti nelle preoccupazioni sul futuro, in queste immagini mentali di ciò che ci aspetta. Immagini che noi disegniamo con timore.
Per cui la Mindfulness ci insegna il concentrarsi sull’istante, senza un atteggiamento giudicante.
Un insegnamento che può partire osservando il respiro, osservandolo come si può fare coi suoni o le sensazioni del corpo e i nostri pensieri.
In questo esercizio quando un pensiero si intromette, noi ne prendiamo atto, e gentilmente riportiamo l’attenzione al respirare, senza essere critici verso questo divagare. Semplicemente osserviamo il nostro respiro, e lasciamo andare le nostre considerazioni, ciò che era ieri e ciò che sarà domani.
Ed è così che prende il via l’osservazione del corpo, durante la quale ci si concentra su ogni nostra singola zona corporea, e da ogni zona corporea si immagina fuoriuscire il respiro.
Scrivere questo può far percepire ad alcuni o a molti un sospetto di pseudo-culto salvifico, ma la Mindfulness è ben altro e in ben altra maniera è e va affrontata.
Kabat-Zinn ha sviluppato questa disciplina in Ospedale, applicandola ai malati sofferenti di dolori cronici.
Il paziente può essere invitato a entrare pienamente nel sintomo, e a prestare attenzione ai pensieri che esso genera.
La salute non è un’entità statica a cui ci si aggrappa a forza, ma un processo – qualcosa di dinamico, in continuo divenire – che nella sua percezione ha molto a che vedere con il nostro cervello, questo complesso organo che anche a riposo consuma il 20% del nostro ossigeno.
Contattami con fiducia e inziamo insieme il percorso verso una nuova vita.