“Tutti noi – nessuno escluso – siamo nati con le potenzialità per crescere. Se impariamo a mettere in pratica questo potenziale, vivremo una vita d’intensità e di pienezza indicibili. Riusciremo a sviluppare delle risposte di crescita che ci permetteranno di andare ovunque e di fare qualsiasi cosa. […] Crescere è la nostra vera ragione di vita. I processi umani rappresentano il veicolo della nostra crescita. Noi, come esseri umani, siamo il prodotto dei nostri processi. In effetti, siamo umani solo se siamo in grado di gestire i processi umani. E alla fine, o moriremo crescendo, oppure moriremo condizionati ed impotenti, profughi e senza casa nel nostro stesso mondo”
Robert Carkhuff, L’arte di aiutare
Dentro ciascuno di noi c’è una parte che conserva le caratteristiche di quando eravamo piccoli, sia quelle belle che quelle più problematiche. Il Bambino Interiore è uno degli aspetti più delicati della personalità, in contatto con le esigenze più profonde. Durante il processo formativo questo angolo del sé deve ridurre le proprie esigenze e rischia di finire accantonato: il mondo non è un posto sicuro per un essere così sensibile e vulnerabile, meglio sviluppare altri aspetti più funzionali al contesto in cui ci troviamo a vivere.
Tutti siamo stati cresciuti non con l’attitudine a diventare, sperimentare, ciò che siamo realmente, bensì a interpretare i comportamenti che gli altri si aspettano da noi. Per questo le nostre naturali qualità finiscono per modificarsi: l’innocenza diventa sospetto, la fiducia diffidenza, la spontaneità si trasforma in scoraggiamento e insicurezza, la vitalità può mutare in depressione o carenza di energia, la naturale capacità di autoaffermazione si traduce in ribellione o asservimento, l’entusiasmo diviene preoccupazione, la fluidità lascia il posto alla tensione, e via dicendo.
La parte più recondita
Ciò non significa che il Bambino Interiore scompaia: si nasconde, e dal suo nascondiglio vede, sente e percepisce, anche se non ne siamo consapevoli. Tra le sue tante caratteristiche prendiamo in esame la vulnerabilità. Nel suo stato naturale la vulnerabilità è tenera, ricettiva, espansiva. Ma senza fiducia essa viene contaminata dalla paura, dalla solitudine, dalla vergogna. La vergogna porta inevitabilmente con sé altri sentimenti profondi: tradimento, dolore, rabbia, impotenza, disperazione. Indipendentemente dalle strategie che abbiamo scelto per sopravvivere, dentro rimane questo Bambino ferito, solo, che, nonostante il suo disperato bisogno degli altri, non riesce ad aprirsi. Per il Critico sarebbe terribile se gli altri sapessero, lo vedessero.
La chiave per interrompere la mortificazione della parte più sensibile consiste nell’assumerci il compito di accudirla, guarendo così i sentimenti di vergogna e umiliazione. Fintanto che non lo facciamo è il Critico Interiore a fungere da genitore del Bambino, nell’unico modo che ha conosciuto, ossia come facevano i nostri genitori quando eravamo piccoli.